Descrizione
ll dialetto è anche uno strumento efficace di trasmissione di contenuti profondi quando si trova nelle mani di chi sa dominarlo fino a renderlo poesia pura. Sono felice di averlo compreso grazie alla lettura dei versi bellissimi di questa raccolta che Penoncini ha dedicato proprio al dialetto: ‘Al dialèt’ o ‘Agh manca al bèl quand a sa zcór’, primo e ultimo testo della raccolta. L’autore annota e analizza con levità e ironia tutti i problemi connessi con l’uso (e il disuso, purtroppo) del dialetto, ma evidenzia anche tutte le suggestioni che esso evoca, “cóm s’at sintési la légna ch’la sćiòpa int al camìŋ”. E che dire della tenerezza con cui canta ‘L’archiŋziél’, della dolce ironia soffusa di un salace doppio senso ne ‘La patàta’ e perfino in ‘Al mèral da fnìl’! L’ultima sezione Penoncini la dedica a Ferrara, tra echi e riferimenti letterari da Ludovico Ariosto a Giorgio Bassani, ad Antonio Delfini, a Roberto Pazzi (‘S’a gh’è quèl ad nóv ciàpal’) e una arresa denuncia degli scempi urbanistici che hanno stravolto gli spazi dell’attuale Viale Cavour e come rubato il volo alla città con la costruzione dei due grattacieli (‘Via di Źardìŋ’ e ‘Fràra nóa’) che “j’à farmà j’òć dal Castèl / e ad san Banadét prima dal ziél”, dove quel plausibilissimo francesismo (… j’à farmà j’òċ…), va a smentire l’affermazione che “a Frara agh manca uŋ vàte” e questa volta, senza “fraintendimenti”!
(Daniele Rossi)